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martedì 3 novembre 2009

CURIOSITA'

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nterviste
PhotoLuca Barbarossa

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore
02/11/2009

Nonostante il ruolino di marcia di un bomber di razza (199 gol in 225 partite con la nazionale cantanti), Luca Barbarossa – 48 anni, romano doc – non è un idolo degli stadi di calcio, ma un cantante pop-folk con i fiocchi. Sono passati quasi trent’anni dalla vittoria al Festival di Castrocaro, che gli spianò la strada per la sua prima partecipazione a Sanremo 1981 (con “Roma spogliata”). Da allora, attraverso dodici album, collaborazioni illustri (con Francesco De Gregori), un primo e un terzo posto a Sanremo, un Disco per l’estate vinto, è entrato di diritto tra i cantautori di primo piano del panorama italiano. L’ultimo album è “Via delle storie infinite”, da cui è tratto il recentissimo singolo “Invece no” (con tanto di video scanzonato). 
Nella tournée attuale, Barbarossa divide il palco in giro per l’Italia con l’attore Neri Marcorè (per le date: www.lucabarbarossa.it): un caro amico con cui improvvisare, divertirsi, raccontare passioni comuni, non solo musicali. 

Lo strumento più prezioso di un cantante è la voce. Lei cosa fa per proteggerla?
Ben poco di quello che la gente si aspetta di solito da chi canta: niente sciarponi attorno al collo, nessuna full immersion di tisane prima di un concerto… Ho le mie ragioni: la sciarpa è un po’ un’arma a doppio taglio: ti protegge, ma ti rende più vulnerabile quando non la porti. In più, posso dirmi fortunato, da questo punto di vista: la voce non mi ha abbandonato quasi mai, nella mia carriera. Ecco, casomai mi limito molto con il fumo: non è un vizio, ma un piacere, giusto dopo pranzo e dopo cena. E per lunghissimi periodi ho perfino smesso… Poi quando sono in tour cerco di bere molta acqua. E scaldo bene la voce, prima del concerto. 

Come si prepara fisicamente e mentalmente al tour de force delle tournée?
 In tour funziona come con le batterie ricaricabili: a volte arrivi sfinito sul palco per la stanchezza accumulata durante il viaggio e gli spostamenti vari. Ma finisce sempre che il calore e l’affetto del pubblico ti rimettono in piedi. 

Lei è tra le voci più sportive che abbiamo in Italia: è tuttora il capocannoniere della nazionale di calcio cantanti… 
Sì, è vero. E non ho alcuna intenzione di smettere: chi si ferma è perduto! 

Altri sport, oltre all’amato calcio? 
In realtà è il tennis quello che pratico da sempre. Mi piace molto anche lo sci, lo sport che più mi fa sentire a diretto contatto con la natura. 

Che rapporto ha con i medici? Paura, rispetto, fiducia cieca, ammirazione massima… 
Ammirazione indubbiamente. Mi piace sperimentare anche le terapie non convenzionali: l’agopuntura, per esempio, mi ha risolto un fastidioso mal di testa che mi portavo dietro da anni. Ma a prescindere da questo, mi piacciono quei medici che hanno una visione d’insieme: mente e corpo, condizioni esistenziali del paziente. Mi piacciono quei medici che sanno ascoltare e rispettare la persona che hanno davanti. 

La malattia che le fa più paura? 
Tutte quelle fortemente invalidanti. Sono di quelli che sognano di morire all’improvviso, un colpo secco e non ci pensiamo più. Nessuno merita l’agonia e il dolore che ne consegue.
 
Il farmaco che usa più spesso? 
Sono un mezzo impiastro con lo stomaco, a forza di viaggiare e mangiare male, a orari poco raccomandabili. Per giunta, so resistere a tutto tranne che alle tentazioni. Quindi, tutti i farmaci per l’apparato digerente, dai gastroprotettori agli antispastici. 

Il consiglio medico che non ha mai seguito? 
Prima di cedere alla necessità di un intervento chirurgico che a me sembra non così necessario, provo tutte le altre strade possibili. 

Sta attento alla dieta? Ne segue una in particolare, fa da sé o se ne infischia allegramente? 
Proprio per la vita che faccio, oltre che per il fatto che tendo a “sgarrare”, ogni tanto mi tocca. Comunque cerco di mangiare semplice: del resto abbiamo la fortuna di avere in Italia materie prime che non hanno bisogno di grandi elaborazioni. 

Lo stravizio che si concede a tavola? 
La cucina romana tradizionale, che non è propriamente leggerissima. E poi il vino.
 
Meglio prevenire o curare? 
Sono dell’idea che bisogna sempre mediare tra l’attenzione eccessiva alle diete e allo stile di vita da un lato,o e appagamento dell’essere dall’altro. Bisogna cercare sempre il più possibile momenti di gratificazione. La felicità è il più efficace sistema immunitario che esista. 

Ospedale pubblico o clinica privata? 
Dipende purtroppo da tante cose. Da Roma in giù andare a fare un esame in ospedale è un tale stress che chi può sceglie il privato. Code, appuntamenti, burocrazia…. Un bel casino. Al nord ci sono strutture pubbliche che sembrano cliniche svizzere. Beati loro. Rimango dell’idea che l’ospedale pubblico sia comunque una garanzia per gli interventi impegnativi e con margini di rischio elevati. 

La buona abitudine che è riuscita a conquistare? 
Il movimento fisico inteso come divertimento. Niente palestra alienante o ore di corsa magari sul tapis roulant, ma belle partite a calcetto, calcio, tennis, grandi sciate quando è possibile. Insomma, spazio per sé e per il gioco, che a mio avviso è un elemento importantissimo per scaricare le tensioni. 

La cattiva abitudine che non è riuscita a perdere? 
Mangiare e bere tardi dopo lo spettacolo. Il che significa mettersi a letto alle tre o alle quattro, magari con un bel brasato sullo stomaco, che ti fa maledire il momento in cui, per l’ennesima volta, anche se con grande piacere, hai ceduto alle tentazioni…



 



io un consiglio solo ti do':


www.filosofialimentare.it

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